Più forti insieme. Confronto su rappresentanza e contrattazione

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Intervista a l’Unità del 19 settembre 2015 di Marco Ventimiglia

Epifani: «Più forti insieme. Confronto su rappresentanza e contrattazione», l’ex segretario della Cgil apprezza che si torni a parlare di unità sindacale.

«Credo che rafforzare l’unità sindacale è sempre la scelta giusta. Una scelta, per la verità, che ha sempre fatto parte della storia della Cgil. In una fase come questa, poi, con gli effetti di una crisi così pesante, un’assenza di interlocuzione vera con il governo, le difficoltà nel quadro delle scelte economiche e finanziarie europee, a maggior ragione il sindacato devo percorrere questa strada. C’è un interesse comune a lavorare nella direzione dell’unità sindacale».

Guglielmo Epifani è in Parlamento dal 2013, deputato ed ex segretario democratico, ma la sua vita, non è un mistero, è un tutt’uno con la Cgil, che ha guidato per otto anni. Nel 2015 che cosa significa unità sindacale?

«La si è sempre considerata, innanzitutto, come un modo per unire le forze, le rappresentanze. Nel contesto attuale, nel quale in molti parlano delle difficoltà del sindacato, non solo in Italia ma nel contesto europeo in generale, è chiaro che la forza che deriva da un’unità di intenti assume un’importanza ancora maggiore. Certo, per arrivarci serve una convergenza di obiettivi e di strumenti».

A che cosa si riferisce?

«Nel passato ci si è divisi sulle scelte di merito, sulla contrattazione o su altre questioni. Il problema è questo, e la prospettiva dell’unità sindacale si gioca sulla capacità o meno di trovare delle soluzioni su due questioni fondamentali: il tema della rappresentanza e, soprattutto oggi, il tema della riforma della contrattazione».

Nel passato quali sono stati i periodi di più forte azione unitaria?

«Sicuramente durante gli Anni Settanta, ma anche più tardi. Penso agli Anni Novanta quando il sindacato ha svolto un ruolo fondamentale di frontiera morale e sociale e di questo bisognerebbe ricordarsi quando si ascoltano critiche nei confronti del sindacato che non sono assolutamente rispettose del ruolo svolto in momenti difficili della storia italiana, dalla lotta contro il terrorismo al contributo per portare il Paese in Europa».

Nelle ultime settimane ci sono state polemiche sulle retribuzioni nei sindacati, e ieri la Cgil ha fatto una sorta di operazione trasparenza…

«Io non ci vedo nulla di particolare. Come dicevo, sul sindacato spesso arrivano critiche, come quelle relative alla trasparenza dei conti. Ma stiamo parlando di strutture i cui bilanci sono tutti pubblicati e assolutamente chiari. Le retribuzioni della Cgil, poi, già si conoscevano e ieri non si è fatto altro che ribadirle con un atto di trasparenza che è comunque importante».

Critiche che però arrivano anche dal Partito Democratico.

«È vero, ma io non le condivido. Ma a non convincermi non è tanto il fatto che si rivolgano delle critiche, che peraltro sono assolutamente legittime in un sistema democratico. Quello che non va, e lo ritengo un limite nell’azione svolta da questo governo, è che in ragione di queste critiche non si aprano dei tavoli veri di confronto con le forze sindacali. D’altra parte se mi guardo attorno vedo che normalmente non avviene così».

In che senso?

«Mi riferisco alle posizioni prese in Gran Bretagna dal nuovo leader dei laburisti, così come a quanto accade in Francia e anche in Germania, dove il confronto con il sindacato è parte integrante del successo del modello tedesco».

Proprio in questi giorni la Cgil si sta confrontando sui nuovi meccanismi elettivi interni. Lei che cosa ne pensa?

«Mi pare che si stia trovando un criterio di partecipazione più democratico e più ampio per quanto riguarda le scelte elettive sui dirigenti. Del resto, lo strumento delle Primarie per un sindacato non è quello giusto, lo dissi chiaramente anche quando ero io il segretario. Le modalità che si stanno individuando adesso secondo me vanno nella giusta direzione e rafforzano la Cgil».

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