Intervento per il 37° anniversario del sequestro di Aldo Moro e dell’uccisione degli uomini della sua scorta (16 marzo 1978)
(Fonte testi e immagini: DeputatiPD.it)
Il discorso di Aldo Moro tenuto a Firenze dopo atti di violenza nei confronti delle sedi della DC, si colloca dentro l’inquietante trama di stragi e violenze dell’Italia degli anni ‘70: e a poco meno di un anno dal suo rapimento in via Fani.
Nel suo discorso, oltre l’orgogliosa difesa del proprio partito, vi sono due aspetti fondamentali: il ripudio della violenza, la difesa del ruolo dei partiti e dei sindacati come cardini della democrazia. La violenza, l’intimidazione, la sopraffazione, non solo non sono necessari ma non avendo fondamento rappresentano un’assurdità. Nessuna giustificazione è consentita dell’ideologia della violenza, dove c’è libertà e dove c’è democrazia.
Oggi le parole di Moro appaiono ovviamente condivisibili e quasi superflue. Se rapportate al clima torbido di quegli anni e a tanti maestri dalla predica ambigua, esse acquistano ben altra perentorietà e ben altro spessore.
“La violenza è inconcepibile e inammissibile quale che sia l’ideale che si professi”.
In sostanza Moro riafferma la totale coincidenza tra mezzi e fini: un mezzo violento non prepara una società più giusta e migliore ma appunto una società senza libertà e senza rispetto per la dignità delle persone.
Nell’Italia degli anni ‘70, e più ancora dei decenni successivi, questa era la linea che, inevitabilmente e fortunatamente, finì per contrapporre chi si batteva contro il terrorismo e coloro che per convinzione o ignavia, o anche per opportunismo, finirono per giustificarlo. Anche la seconda considerazione, quella relativa al ruolo dei partiti e dei sindacati in difesa della democrazia in quanto soggetti popolari di partecipazione, conserva la sua fondatezza e la sua attualità.
Il terrorismo e le stragi colpirono cittadini, magistrati, forze dell’ordine, giornalisti esponenti politici e sindacati. Con la paura e la violenza si cercò di minare la forza di rappresentanze della democrazia italiana. Ma proprio dai cittadini, dalle istituzioni, dai partiti e dai sindacati, maturò la risposta più ferma che portò prima ad opporsi e poi a sconfiggere il terrorismo. Aldo Moro nel campo politico, Guido Rossa nel campo sindacale, morto a due anni di distanza, furono i due emblemi di questa verità storica. Le vittime della follia omicida che con il loro sacrificio avviarono la sconfitta del terrorismo.
Il nuovo Presidente della Repubblica, nel suo discorso dopo il giuramento di fronte al Parlamento riunito ha usato parole importanti contro il terrorismo ed in difesa della democrazia. In un passaggio del suo discorso ha ricordato che la democrazia è fatta di legami sociali, d’istituzioni sociali, di rappresentanza e di partecipazione: e che la democrazia non è mai acquisita per sempre, e va riconquistata e difesa giorno dopo giorno. Mattarella, sempre in quegli anni, fu toccato dall’omicidio del fratello, ad opera della Mafia. Quel fatto, come sappiamo ,cambiò la sua vita e il suo destino.
Moro fu uno dei maestri politici e ideali dell’uomo politico siciliano. Ed è anche per questo che le parole pronunciate a Firenze da Aldo Moro sono quelle che segnarono convinzioni e comportamenti di una larga parte della classe politica del Paese. Gli stessi propositi, che abbiamo ascoltato oggi nell’aula del Parlamento.