Tutto più chiaro se Alfano fa gruppi autonomi. Le priorità del Governo: investimenti ed occupazione

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Intervista a Guglielmo Epifani di Goffredo De Marchis – La Repubblica, 6 ottobre 2013

“Se Alfano costituisce i gruppi autonomi è tutto più chiaro. Darebbero molta più forza e coesione alla maggioranza. Non è tanto un problema di durata del Governo, ma di qualità della sua azione. Perché il pericolo di finire di nuovo nel pantano c’è.”
Guglielmo Epifani si prende finalmente la soddisfazione di dettare la sua agenda a Palazzo Chigi e ai partiti delle larghe intese. Il Pd può perfino liberarsi dal guinzaglio del Cavaliere che imponeva le sue parole d’ordine: Imu e Iva.
“ Un’immagine che non è mai stata vera – precisa il segretario dei democratici- . Ma oggi potrei dire: ride bene chi ride ultimo”. Per dimostrare che siamo davvero a una svolta storica, da Letta però ci si aspetta un cambio di passo. “Il premier finora ha preso tanti provvedimenti importanti ma con risorse limitate. Comprensibilmente, visto che è salito su un treno in corsa. Ma con la legge di stabilità il governo deve dare la sua impronta di politica economica, facendo delle scelte nette, concentrando tutto su due o tre grandi questioni”.

Senza gruppi autonomi, ha vinto di nuovo Berlusconi?

“Al momento, la sua sconfitta è piena. Dal voto di mercoledì sono usciti rafforzati Letta e il Partito democratico. Ci vado cauto con i sondaggi, ma quelli arrivati oggi sulla mia scrivania sono molto chiari: il Pd raggiunge percentuali che non si vedevano da tempi immemorabili. L’idea di far cadere l’esecutivo su un terreno scivoloso come la decadenza, ha provocato una sconfitta sonora di Berlusconi. Mentre ha vinto la determinazione del Pd sulla linea “tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge”. Detto questo, vediamo se Alfano si prende il Pdl o fa dei gruppi nuovi. Se chi voleva far cadere il governo tornasse a sostenerlo, sarebbe più difficile andare avanti. Meno condizionamenti significa priorità più chiare e più forti”.

Quali sono le priorità?

“La crisi sta decelerando ma non è alle porte una ripresa in grado di trascinare l’occupazione. Anzi, potremmo avere una crescita senza lavoro in una fase abbastanza lunga. Per questo si deve chiedere alla politica economica di utilizzare ogni margine a sostegno di investimenti e occupazione. Nelle tante analisi sulla crisi non viene quasi mai citato il dato che conta di più: il meno 25 per cento negli investimenti. La politica deve far ripartire questa voce. L’innovazione si fa con gli investimenti, l’occupazione pure”.

Con quali risorse?

“Bisogna innanzitutto allentare il patto di stabilità dei Comuni. È l’unica misura che consente di mettere in circolo denaro in tempi brevi. E nella pancia dei Comuni ci sono le uniche risorse pubbliche disponibili. Se ne parla sempre, ma io chiedo formalmente che questo problema venga risolto. Poi bisogna scegliere una politica fiscale. Il cuneo di Prodi, lo ricordo bene, diede pochissimo alle imprese e per qualche lavoratore addirittura le tasse aumentarono. Stavolta occorre ridurre le imposte sul lavoro. La vera anomalia italiana non è la tassa sulla casa e nemmeno quella sui consumi, che sono in linea con l’Europa. Noi paghiamo molto di più sui redditi da lavoro. Per le imprese bisogna intervenire o sulla base dell’Irap o sulla detassazione degli investimenti”.

Servono molti soldi per questo programma.

“Bisogna vedere cosa troviamo nella differenza tra il saggio tendenziale del deficit e quello reale. E comunque non parliamo più di provvedimenti tampone. Possiamo programmare un intero anno”.

Se c’è Brunetta è tutto più difficile?

“Non è questione di nomi. Non chiedo la testa di nessuno. Ma c’era un pezzo del Pdl che voleva far cadere il governo. Come possiamo credere che lo sosterrà in futuro con la coesione necessaria? Semplice logica”.

Il temuto scambio tra le vicende giudiziarie di Berlusconi e la vita dell’esecutivo non c’è stato, come aveva garantito lei. Stiamo tranquilli anche sul voto segreto del Senato? 

“Metto le due mani sul fuoco rispetto al comportamento dei senatori democratici. Anche perché la difesa dello stato di diritto si è rivelata, oltre che un valore intoccabile, anche una linea vincente”.

Teme qualche trucco grillino?

“Be’, il loro atteggiamento è inquietante. Non ho mica capito cosa c’era dietro quell’incredibile post di Crimi? Solo gigionismo e pressappochismo? E se un domani qualcuno volesse impugnare il suo voto nella giunta, ci sarebbe spazio per un ricorso?”.

Letta, Alfano, Franceschini e Lupi puntano a un progetto centrista?

“Una nuova Dc? È una sciocchezza sia il temerlo sia il pensarlo. Non conviene a nessuno e per me la strada del bipolarismo è irreversibile. Dobbiamo essere sempre più simili al sistema europeo. Più ci avviciniamo all’Europa più siamo virtuosi. Diverso è il discorso sul riassetto nel centrodestra del dopo Berlusconi. Che sarebbe arrivato comunque, prima o poi”.

Qual è la legge elettorale più adatta per favorire questo schema?

“Una legge che favorisca il bipolarismo pur sapendo che oggi, finché non si asciuga il bacino di Grillo, abbiamo un tripolarismo. Perciò il mio è no netto al proporzionale. In un modo o nell’altro, c’è bisogno di un premio di maggioranza o di coalizione che renda chiaro lo schieramento vincente. E che le grandi coalizioni sono un fattore temporaneo”.

Quanto dura il governo?

“Resto alle parole del premier: l’orizzonte è la primavera del 2015”.

Chi sceglierà alle primarie?

“Non mi sono candidato perché mi è stato affidato un compito di garanzia che intendo portare a termine. Sono un uomo della sinistra riformista. Ma, detto questo, quel ruolo di garanzia mi impone di non schierarmi”.

Eleggerete un segretario o un candidato premier?

“Un segretario che indichi un progetto per il Paese in uno scenario improvvisamente trasformato. Il Pd doveva essere in grado di battere Berlusconi mentre oggi ci troviamo di fronte a un leader che può essere considerato già battuto”.

Che partito vorrebbe lei?

“Saranno i candidati a indicarlo. Io posso solo dire che abbiamo bisogno di un soggetto politico aperto, inclusivo, ma che sia un partito. Non c’è democrazia senza democrazia parlamentare e non c’è democrazia parlamentare senza partiti. Come succede in tutta Europa, del resto”.