Assemblea Seduta n. 380 di martedì 24 febbraio 2015
Venticinque anni fa moriva Sandro Pertini e molti di noi ricordano la commozione che colpì il Paese. Ricordiamo soprattutto le migliaia di persone in preghiera e in raccoglimento sotto la sua piccola casa a Fontana di Trevi.
La verità è che Sandro Pertini fu il Presidente della Repubblica più popolare e fu il primo a legare la massima istituzione e magistratura del Paese ai cittadini. Fu amato e rispettato soprattutto dai giovani. Questo perché, al di là del suo carattere, molto duro e anche molto scorbutico, fu un uomo di assoluta coerenza nella sua vita di combattente per la libertà e contro il fascismo e nella sua vita istituzionale.
Lei ha ricordato gli anni della sua Presidenza di Montecitorio e gli anni come Presidente della Repubblica. Ma il 1968, il suo primo anno come Presidente di Montecitorio, lo vide impegnato immediatamente nei confronti della grande ondata di rinnovamento del Paese. E nel dicembre 1969 corse subito in occasione della prima grande strage che il Paese visse, quella di Piazza Fontana.
Appena fu eletto Presidente della Repubblica erano passati pochi mesi dal rapimento e dalla tragedia di Aldo Moro. E io voglio ricordare, tra tutte, la sua lotta integrale contro il terrorismo. Lui fu un uomo del partito della fermezza, come venne chiamato, e non volle che si aprisse trattativa per la liberazione di Aldo Moro da parte dello Stato. E fu lo stesso che, in una grigia e tristissima giornata piovosa di gennaio, nel 1980, portò i segni del suo ruolo, i segni del suo dolore ai grandi funerali di Guido Rossa, nella Genova colpita da quel lutto. Fu un fustigatore di ritardi e inadempienze.
Chi non ricorda la sua intemerata nei confronti della responsabilità della classe politica rispetto al terremoto dell’Irpinia o rispetto alla vicenda della P2?
Ma anche se si guarda alla storia di prima, alla storia passata, si resta davvero colpiti e senza parole. Nasce alla fine dell’Ottocento in un paesino dell’entroterra savonese. Studia dai salesiani. Prende una laurea a Genova e una a Firenze. Fa il combattente durante la Prima Guerra Mondiale. Diventa militante e uomo politico socialista. Della sua vicenda tra il 1920 e il 1945 ci sono almeno tre episodi che restano di quella epopea. Il primo è la fuga in motoscafo per portare in salvo il suo maestro, Filippo Turati, accompagnato da Parri, da Carlo Rosselli e da Adriano Olivetti. Poi, il suo peregrinare da un carcere all’altro (Santo Stefano, Ponza, Turi, Ventotene). A Turi conosce Antonio Gramsci e le pagine di quel suo sodalizio restano impresse nella memoria. Fu prigioniero a via Tasso. Fu combattente antifascista e partigiano per la liberazione e la difesa di Roma e di Firenze. Fu alla guida del Comitato di liberazione nazionale a Milano il 25 aprile.
Ricordarlo oggi è, per quest’Aula e per ognuno di noi, il tributo che si deve a uno dei grandi uomini che hanno costruito e reso grande la nostra democrazia, le nostre istituzioni e la nostra libertà.