Intervista di Roberto Giovannini – La Stampa del 21 gennaio 2015
“Non capisco la sorpresa: Renzi da settimane sa che su questo punto la minoranza di area riformista avrebbe tenuto il punto, in coerenza con ciò che il Pd sostiene da anni: no al Parlamento dei nominati, far scegliere i cittadini».
Guglielmo Epifani, dunque è d’accordo con i senatori dissidenti?
«Condivido la loro posizione. Rispetto alla prima stesura la legge elettorale è migliorata sulla soglia di sbarramento, sulla parità di genere e sul premio alla lista. Ma non si è risolto l’altro tema fondamentale. E il sistema escogitato, preso alla lettera, porta a una prevalenza dei deputati nominati rispetto a quelli eletti. Va fatto proprio il contrario».
Ma la riforma passerà, con il «soccorso azzurro» di Berlusconi…
«Se si confermerà l’accordo con Forza Italia e i partiti di maggioranza ci sarà un fatto inaudito: il segretario trova l’intesa con tutti, ma non con una parte significativa del proprio partito.
La maggioranza del Pd definisce spesso la minoranza come un ostacolo all’azione rinnovatrice del governo, ma non è così. Su certe scelte di fondo si deve essere coerenti col mandato ricevuto dagli elettori».
Sarà come sull`art. 18: dite no, ma sapendo che non ci saranno conseguenze politiche.
«No. Non è una battaglia simbolica. E in politica si può perdere una battaglia, quando si ha ragione nell’interesse del Paese».
Che pensa dell`uscita dal Pd di Sergio Cofferati, suo predecessore alla guida della Cgil?
«E’ un abbandono doloroso: parliamo di un grande protagonista della vita prima sindacale e poi politica del Paese. Cofferati, sulle primarie in Liguria, ha posto problemi seri che dovevano essere affrontati in maniera diversa, ascoltando le sue denunce. Dopo di che, non condivido la sua decisione di uscire dal partito.
E neanche alcune delle sue motivazioni. Se si perdono delle primarie – anche in questo modo – io penso che si debba rimanere nel partito e combattere dall’interno per aggiustare le cose».
Cofferati però pone un problema politico, e sembra dire che nel Pd non ci sia più spazio per una linea di sinistra.
«Che nel Pd ci sia un dissenso anche politico è vero. Ma un conto è denunciare scorrettezze o avere opinioni diverse, un altro denunciare un presunto mutamento genetico del Pd».
E il Quirinale? Che accadrà?
«Spetta al Pd, il partito più grande, avanzare una proposta, senza fissare o subire veti, a partire da criteri condivisi. Serve il più vasto consenso possibile con tutte le forze politiche, ma a cominciare dalla massima unità nel Partito democratico.
Guai se questo non avvenisse».