Oggi l’Europa è qualcosa che sta in mezzo al guado, sia perchè non riusciamo ad andare avanti sia perchè, al contrario, assistiamo a moltissime tendenze che la vorrebbero portare indietro.
La logica di chi pensa in maniera più ampia è quella di costruire un’Europa più forte mentre la spinta realistica ci porta in senso esattamente contrario.
Se non facciamo nulla, se lasciamo che le cose vadano come stanno andando, assisteremo alla distruzione di quanto è stato finora costruito. Ma siccome sono convinto che l’Europa non può restare in questo guado a lungo dobbiamo organizzarci per sostenere chi adesso chiede “più Europa”, con strumenti politici, economici e culturali.
La prima difficoltà che noi abbiamo è quella di ragionare su un’Europa fatta da paesi che condividono la stessa moneta ed altri che hanno deciso di non aderire all’euro. Questa situazione, come dice anche Jacques Delors, tende a creare in Europa degli squilibri inevitabili.
A questo si aggiunge che anche tra i paesi che condividono l’euro stanno crescendo le disuguaglianze e le divaricazioni. Ciò accade perchè anche i paesi che hanno la stessa moneta in realtà hanno processi, politiche e volontà divergenti, spesso, molto diverse e sembrerebbe quasi impossibile capire dove prendere adesso il filo di un ragionamento volto al rafforzamento dell’Europa.
Non sottintendo i gravi errori fatti dall’Italia, tra i quali aver continuato a operare come quando avevamo la moneta più debole al mondo pur avendo invece quella più forte, ma insisto sul fatto che le differenze di scelte in termini politici ed economici dei diversi paesi che condividono l’Euro stanno rendendo assurda qualunque discussione possibile.
Come può reggere la stessa moneta con spread così diversi o con debiti che viaggiano a differenti velocità? E’ evidente che una stessa moneta non può coprire ancora a lungo realtà virtuose e realtà che vivono gravi difficoltà.
Per questo motivo le politiche solo di rigore non reggono, soprattutto se intanto non si costruisce una cultura di maggiore solidarietà.
Come sta accadendo in tutti gli Stati anche nell’Eurozona, intesa come se fosse un unico Stato, questa crisi ha creato grandi disuguaglianze sociali ed economiche, allargando la forbice tra chi ha perso tutto e chi si è arricchito a scapito di altri.
Ma se fossimo un unico paese cosa si farebbe? Si attuerebbero politiche a sostegno della parte della società che è rimasta indietro. Nell’Eurozona questo non si può fare e ciò accresce sempre di più l’asprezza di chi considera l’Europa come un’imposizione nefasta.
Dobbiamo cominciare a ragionare sul problema del populismo, del razzismo, della xenofobia non come una causa degli eventi che stiamo vivendo, ma come un effetto delle scelte politiche che si stanno attuando.
Se non vogliamo rischiare di essere travolti dal populismo dilagante, dovremmo riuscire a riportare al centro del confronto una prospettiva dell’Europa credibile e questa è un’operazione culturale prima che politica ed economica.
Nelson Mandela disse “Io sono il padrone del mio destino, il capitano della mia anima“, quindi o riportiamo i cittadini europei ad essere padroni del proprio destino o i valori democratici subiranno una grave sconfitta.