Oggi 13 marzo 2021 su La Stampa una riflessione sul nuovo cantiere del centrosinistra.
Assistere al ritorno sulla scena politica di Enrico Letta, per Guglielmo Epifani significa tornare con la mente a queti difficili mesi del 2013, quando lui era segretario reggente del Pd e Letta era Premier. «Un periodo molto difficile, dall’elezione del Presidente della Repubblica, che andò come sappiamo, alle dimissioni traumatiche di Bersani, poi l’ascesa di Renzi con la scelta, che io non condivisi, di chiudere quell’esperienza di Governo. Ma sono cose che appartengono al passato, ora dobbiamo avere tutti la capacità di guardare avanti. Come ha fatto Letta con questa disponibilità».
Se l’aspettava, dopo l’uscita di scena brutale di 8 anni fa?
«Al cuor non si comanda, credo che il suo distacco dalle vicende politiche italiane sia stato più fisico che sentimentale. Capisco i motivi della disponibilità di un uomo come lui: è stato uno dei fondatori del Pd, ha avuto un ruolo importante, vicesegretario con Bersani, poi capo del governo. Insomma, ha le qualità per affrontare questa sfida complicata».
Come si aspetta che la affronti da neo segretario del Pd?
«In attesa di ascoltare quello che dirà durante l’assemblea del partito, è chiaro che c’è un campo largo di centrosinistra da ricostruire. È un problema che non riguarda solo il Pd, perché è un sistema di vasi comunicanti: quello che capita a una forza politica, specie se è la più grande, riguarda tutti – afferma – . Dal nuovo segretario mi aspetto generosità e umiltà per provare a ricostruire in tempi brevi un progetto e a rappresentare determinati interessi. Avverto con forza la mancanza di un rapporto con le persone e l’esigenza di ritornare a stare in mezzo alla gente».
Quindi, per capirci, un po’ meno “partito della ztl”?
«Il problema non è essere il partito della ztl, è che non può essere solo quello. E guardi che parlo anche per Leu, che a Napoli, per esempio, ha preso più voti al Vomero che a Scampia. C’è un deficit di rappresentanza sociale, che è preoccupante, specie se a colmarlo ora sono Salvini e Meloni. Bisogna ridurre la frammentazione del campo di centrosinistra e costituire un’alleanza più forte, altrimenti andiamo incontro a una sconfitta clamorosa alle prossime elezioni».
Alleanza anche con il M5S, Letta deve proseguire sulla strada tracciata?
«Sì, è l’unica possibilità per formare un argine importante di fronte al centrodestra”.”Credo che la storia darà un giudizio positivo del governo che abbiamo sostenuto con i 5 stelle, l’accordo tra il Movimento e le forze progressiste va portato avanti, a partire dalle elezioni comunali previste in autunno. Soprattutto ai ballottaggi, sarà necessaria una politica di alleanze, che va costruita dal basso».
Con Letta alla guida del Pd è lecito pensare a un ritorno di grandi ex come lei, Bersani o Speranza?
«Il punto non è se noi rientriamo o no, bensì costruire assieme un percorso, verso un’alleanza, un soggetto federatore: l’importante è che si metta fine ai compartimenti stagni, in cui ognuno sta per conto suo. Siamo tutti corresponsabili, ma molto dipende, ovviamente, da chi ha la rappresentanza più forte, quindi dal Pd, che deve fare i conti al suo interno e proporsi come soggetto che unisce».
Da ex leader della Cgil, come valuta questa nuova fase di concertazione inaugurata da Draghi e Brunetta?
«È una scelta giusta, di cui do atto a Draghi, con cui c’è stata cooperazione quando lui era governatore della Banca d’Italia e io guidavo la Cgil. Ma ne do atto anche a Brunetta, che non è più lo stesso dei “fannulloni”, ha cambiato approccio e valutazioni rispetto a qualche anno fa. Senza dubbio, l’accordo con i sindacati è una pagina importante, perché punta a valorizzare il lavoro pubblico con la formazione e assunzioni più rapide».